“la fatica dell’ambientamento è del bambino, è nostra,è dei
genitori. Saper stare vicini, ma alla giusta distanza,accettare le loro
distanze,offrire il nostro corpo che, spesso, si fa concavo, per accogliere,
contenere il loro e le loro emozioni. Una distanza che viene accorciata al
punto tale che il corpo si fa vicino, quasi adesivo, quasi confuso con quello
dell’altro. Una distanza che viene accorciata dall’offerta delle nostre parole,
specchio e risonanza delle loro emozioni, che ancora non trovano un nome e alle
quali siamo tenute a dare nome. Un processo forse arbitrario questo,ma frutto
di un’attenta osservazione delle dinamiche, dei movimenti, dei gesti, della
postura, del pianto dell’altro. Un prestare aiuto, senza negare loro le evidenti
difficoltà, ma ancora una volta per mettere voce su queste difficoltà e andare
avanti. Un saper attendere, un saper vivere un tempo che non è il nostro ma il
loro. È la capacità di stare vicino, a fianco, senza sostituirsi, senza
sovrapporsi”

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